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  • maggie8324

“Morire di vergogna” grazie ai social… “Il Revenge porn"

Aggiornamento: 23 mag 2020


A fronte dei numerosi episodi di violenza e di maltrattamento che sentiamo quotidianamente da tv, giornali, internet non possiamo non considerare un dato fondamentale, limpido a livello statistico quanto impensabile, paradossale a livello delle nostre percezioni.

chiaro: vendicarsi.

Con tale termine si intende “la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite Internet senza il consenso della persona protagonista degli stessLa maggior parte delle violenze avviene per mano di amici, parenti, familiari delle vittime. E più la violenza è brutale, continua, protratta nel tempo, più alte sono le probabilità di un legame affettivo ed emotivo tra vittima e carnefice. Omicidi, percosse e violenze, pornografia, pedofilia hanno spesso un denominatore comune: vittima e carnefice hanno camminato per mano, legati da un rapporto divenuto sempre più stretto e soffocante, in cui l’amore si è tramutato in odio, in cui la reciprocità dei sentimenti d’amore ha progressivamente lasciato il posto alla complementarietà dei ruoli di vittima e carnefice, creando un legame patologico che non lascia scampo.


Esemplare di tutto ciò è il “revenge porn”: una delle ultime forme di violenza che sfrutta le potenzialità dei social network per distruggere le vittime; l’obiettivo è i” (Wikipedia), con lo scopo di umiliare la persona coinvolta. Nella maggioranza dei casi ciò avviene in seguito a storie d’amore conflittuali e legami affettivi finiti, in cui la persona lasciata si vendica diffondendo le immagini, spesso accompagnate da commenti volti a umiliare il più possibile la vittima, sottolineandone la sua “vera natura” di “poco di buono”.


Tale atteggiamento non è prerogativa di ex fidanzati ma il revenge porn è agito anche da amici, amiche, conoscenti, amicizie virtuali e nate in rete. In alcuni casi l’obiettivo principale della pubblicazione è quello della ritorsione, cioè di estorcere denaro alla persona; in questo caso il fenomeno prende il nome di “sextortion”. Questo è possibile in quanto, con le immagino, vengono diffusi anche dati personali della vittima con lo scopo di creare un assalto denigrante e diffamante totale. Tutto ciò è reso possibile dalla natura del web: basta la condivisione di una sola foto da parte di una sola persona perché essa possa diffondersi viralmente in modo inarrestabile: in brevissimo tempo la condivisione può raggiungere migliaia di utenti.


La “forza” di chi mette in atto la violenza è direttamente proporzionale all’attacco subito dalla vittima. Più il web ci va giù pesate, più la vittoria del carnefice è grande.

È facile comprendere come gli effetti del revenge porn sulla vita e sulla psiche della vittima siano devastanti: ripercussioni sociali, scolastiche, lavorative a cui si aggiunge il senso di colpa, l’umiliazione, oltre al tradimento vissuto. Un attacco che distrugge la vittima a livello sociale e personale. Il suicidio spesso viene immaginato come unica e possibile via d’uscita da una situazione tanto dolorosa.


Esemplare è il caso di, una giovane di Campobasso, rivoltasi alla Polizia perché il suo ex fidanzato, per vendicarsi della fine della loro relazione aveva pubblicato in Rete, attraverso diversi canali social, foto e filmati intimi che ritraevano la coppia in atteggiamenti erotici. I filmati e le foto erano diventati virali e sembrava impossibile bloccarne la diffusione. La storia si era ulteriormente complicata quando uno dei destinatari dei filmati aveva agganciato la donna su Internet minacciandola di poter diffondere ulteriormente queste immagini se non avesse avuto rapporti sessuali con lui.(www.poliziadistato.it 27/06/2017). Dopo un anno e mezzo di indagini i soggetti coinvolti sono stati identificati e denunciati, permettendo alla vittima una possibilità di riscatto, divenendo simbolo del coraggio e della forza. Fine differente quella ormai conosciuta di Micaela, la 22 enne che si è tolta la vita in seguito alla diffusione di due filmati.

Ricerche mostrano che il 10% delle persone coinvolte in una relazione che si è conclusa è stata colpita da revenge porn. Tra queste il 90% è rappresentato dalle donne.

Tale ampia diffusione è resa possibile anche dal retroterra culturale in cui ci troviamo immersi. Di particolare rilevanza è la posizione in cui si trovano giovani e donne riguardo alla sessualità.


Complice l’esposizione precoce alla sessualità e la mancanza di un’ educazione affettiva parallela, le nuove generazioni tendono ad approcciarsi con estrema leggerezza all’affettività. Le relazioni “reali” vengono spesso sostituite o integrate con quelle virtuali, percepite come più sicure e meno spaventose. In base a una ricerca dell'Osservatorio Nazionale sull'Adolescenza e del portale per i ragazzi Skuola.net, circa il 10% dei giovani dai 13 e i 18 anni fa sexting, scambiandosi foto e video hot, anche con un flirt passeggero. Tra questi il 5% almeno una volta ha subito minacce o azioni di vendetta, per colpa di materiale scottante finito in mani sbagliate. E quando il sexting diventa abituale, i rischi aumentano. Per tale motivo il revenge porn vede convolti primariamente i giovani.

Le donne sono le principali vittime perché la loro sessualità è in parte ancora considerata un tabù. Nel retroterra culturale italiano sono coloro che hanno meno libertà sessuale. Una donna sessualmente libera viene colpevolizzata e spinta alla vergogna: siamo di fronte al fenomeno che prende il nome di slut shaming. Lo Slut-shaming tende a colpevolizzare quei comportamenti che non si adeguano a una norma percepita e culturalmente imposta, quale appunto l’emancipazione sessuale delle donne.


Letteralmente slut-shaming significa “vergogna della zoccola” o “svergognare la zoccola”. Vuol dire in pratica utilizzare elementi relativi alla condotta sessuale, o che rimandano a essa (come abbigliamento, trucco, apparenza….), per svalutare tale persona e imporre un giudizio negativo. Frasi come: “Se va in giro vestita così se l’è cercata”, “Se ha avuto tutte queste relazioni è una poco di buono”, sono l’espressione di tale atteggiamento.

Tale palcoscenico culturale ha un ruolo fondamentale nella sommessa ma generale accettazione di comportamenti come il revenge porn. Ciò è dimostrato anche da alcune ricerche: esse documentano come, sebbene la maggior parte dei partecipanti alle indagini verosimilmente non commetterebbe atti di revenge porn nei confronti degli ex partner, c’è una generale accettazione di tali comportamenti. Questo ha importanti implicazioni, specialmente se si considera il ruolo di facilitatore che ha lo spettatore online nella rapida diffusione del materiale pornografico, tra cui anche quello prodotto con scopo vendicativo. (http://www.stateofmind.it/2017/03/revenge-porn/).


Significativa al riguardo è anche la mancanza di una legislazione volta a punire tale reato. La prima proposta di legge è stata presentata nel 2016. Il 2 aprile 2019 è stato approvato un emendamento al disegno di legge chiamato “Codice rosso” che introduce il reato di revenge porn colmando il vuoto normativo: le pene previste sono la reclusione da 1 a 6 anni e multe da 5mila a 15mila euro.

Sicuramente un piccolo passo avanti nella protezione nelle vittime e si spera verso il cambiamento di quegli elementi culturali che avvallano o facilita tali violenze.

FONTI

www.stateofmind.it/2017/03/revenge-porn/ Pina, A., James, H., & James, M. (2017) Malevolent Side of Revenge Porn Proclivity: Dark Personality Traits and Sexist Ideology. International Journal of Technoethics. 8(1). P.30-44


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